Cinema

“E venne il giorno” di M. Night Shyamalan

Ogni pellicola di Shyamalan finisce con le stesse immagini con cui era cominciata. Ogni epilogo è un sostanziale deja vu in cui a cambiare è solo la competenza e la capacità del personaggio (e, con lui, del pubblico in sala) di interpretare i segni fin lì accumulati.

Di mestiere faccio il paesologo

Nei paesini, ora ci sono tante strade in cui si vivono, sempre più rari, doppi lutti: quelli per gli anziani che muoiono e quelli per le case che, senza più occupanti, chiudono.
Il borgo contadino muore un po’ per volta. Muore quando chi ci vive, stanco dei muli, compra automobili. Muore quando si riempie di piazze sempre più vuote e sempre più pulite.
In queste realtà si muove Franco Arminio. Di mestiere: paesologo.

“Kubo e la spada magica”

Nel complesso il film, che si avvale in originale di un cast stellare la cui ricchezza si perderà anch’essa nella distribuzione italiana, soffre dello stesso difetto dei racconti di Kubo: è un po’ troppo elaborato e quindi pecca di qualche lungaggine comunque necessaria ai fini della restituzione di un mondo poetico vasto ed importante.

“Oxford murders” di Alex de la Iglesia

Il regista spagnolo costruisce su queste basi un film teorico di grande efficacia. Affonda le mani nel genere con una voluttà erotica perturbante e si lascia andare ad un’eleganza del gesto registico che non gli conoscevamo ancora. Ha dalla sua un cast intrigante anche se un po’ spaesato e una colonna sonora che cita Hitchcock ovunque può. Ma sulla domanda aperta del finale sono le note matematiche di Bach a sancire l’impossibilità di una qualsiasi risposta.

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