Il libro di Renfield

Il libro di Renfield è un esperimento di genetica. Tim Lucas ha preso il DNA del Dracula di Stoker e ne ha fatto materiale da provetta. Lo ha posto sotto le lenti di un microscopio da laboratorio e lo ha contaminato, ibridato, miscelato con materiale nuovo, con una sostanza di costituzione incerta che ne ha cambiato i colori lasciandone intatta la sostanza più profonda.
Novello architetto di nuovi organismi, lo scrittore ha giocato come un botanico in cerca di una nuova varietà vegetale, ha lavorato come un genetista che mette a punto incroci di specie nell’utopica ricerca di una realtà nuova, originale.
Gli archetipi sono rimasti immutati; la struttura narrativa si è riempita di echi, di suggestioni, di riflessi.
Dracula parla ancora alle nuove generazioni, ma la sua voce è calata all’interno di una vasta cattedrale vuota che ne riverbera il suono, moltiplicandolo indefinitamente. Sotto il timbro possente della voce si scoprono, così, armonici nuovi, timbri di volta in volta più bassi o più alti rispetto alla voce che avevamo imparato ad amare nella sua terribilità ammonitrice.
Il tutto passa attraverso il vaglio della lente colorata di Renfield, personaggio apparentemente minore del romanzo stokeriano, in verità assai denso di suggestioni e di spunti.
Per Stoker il personaggio era una segreta ammonizione sulla permeabilità del male all’interno della società vittoriana. Renfield è il pazzo, ma la sua pazzia ha un metodo, una logica determinata da una rigida successione di causa ed effetto. Il pubblico vittoriano lo guardava con raccapriccio, ma vi vedeva soprattutto il sovvertimento dei suoi stessi valori. Chiuso nel manicomio, Renfield era esattamente ciò che chiunque sarebbe potuto diventare se solo avesse permesso agli stimoli del proprio Es di prendere il sopravvento sulle ragioni del Superego. Era, per questo, realtà da tenere a distanza, in un luogo deputato alla rimozione. La pericolosità del pazzo non risiede tanto nella possibilità che egli ci ferisca, quanto nel fatto che egli ci ammonisce, che ci dice come potremmo essere proprio ciò che ci sforziamo di non essere.
Per questo Renfield è, nel romanzo, un Dracula in miniatura. Non ha titoli blasonati, ma aspira all’immortalità; non beve sangue, ma si nutre di animali. E, tra tutti gli animali che potrebbe avere, sceglie proprio quelli più invisi, quelli più odiati dal consesso sociale: le mosche che si nutrono di rifiuti e i topi, sozzo simbolo della prolificazione incontrollata, del sesso ridotto alla sua componente più bestiale.
Nei dipinti religiosi il ratto è quello che vien messo a rosicchiare le radici dell’albero della vita.
Eppure questa realtà gravida si riempie di ombre quando passa al cinema. Per Murnau Renfield (che lascia il manicomio e diventa agente immobiliare: il male è già tutto dentro la società e anzi la abita e la fa abitare) ha quasi la stessa importanza del vampiro. E’ il ponte che lega la terra dei fantasmi, quindi il nostro subcosciente e la dimensione libidica, con il mondo civilizzato. Legge geroglifici e li trasforma in atti notarili. E quando il vampiro muore è lui a scendere nella tomba, linciato dalla folla perchè dal manicomio in cui era stato chiuso, ha l’ardire di tornare come uno scomodo rimosso. Terribile perché ci è parente. Nelle vene gli scorre lo stesso sangue nostro.
Per Lucas il discorso si sposta oltre. Renfield è un bambino sovvertito. Il non aver mai avuto una madre lo chiude in un labirinto dedalico e mentale senza uscita. Dracula è il suo Minotauro tanto quanto Mina è la sua Arianna filomunita. Ma uscire dal labirinto equivale a perdere se stesso. Il prezzo non può essere che morte e null’altro.
Come bambino non supera la fase orale. La sua sessualità si riduce al desiderio di un seno cui abbeverarsi e per lui il nutrirsi di animali (somma abiezione, per uno, che gli animali li ama perché son gli unici ad averlo mai amato in contraccambio) è solo un palliativo al desiderio di latte più che di sangue.
In questo passaggio il libro di Lucas scopre le sue carte più nuove. Il vampirismo mostra la sua dimensione più corrotta e tremenda. Se per molti Dracula è la frustrazione del sesso che sostituisce il morso alla penetrazione, per Lucas è espressione di una perversione più sottile che cambia forma in base alle debolezze dell’individuo che ha di fronte. Quattro facce ci si dice. Ma sono quattro facce ogni volta diverse. Tutto dipende dalla persona che, di volta in volta, vi ci si riflette e che vi ci si scopre. Ed in questa prospettiva assume senso ulteriore il finale riportato ai giorni nostri e alla tragedia dell’11 settembre. Non solo perché il mito, anzi l’archetipo del vampiro si ritrova aggiornato alla politica contemporanea, ma anche e soprattutto perché diviene materiale di riflessione, spunto di comprensione ad uso della società che ci circonda. Qui è come se il saggista e il sociologo prendessero per mano il romanziere e l’antropologo e lo ponessero di fronte ad un nuovo specchio, immerso in un nuovo liquido di contrasto che mette in luce (o in ombra), nuovi scenari.
Il romanzo è quindi operazione di riscrittura su una rilettura. Funzionale, splendidamente, a tutta la prima parte del romanzo che riesce ad essere più fedele a Stoker proprio nel momento in cui ne prende maggiormente le distanze perché l’infinitamente lontano è infinitamente vicino quando si impiegano i mezzi giusti. Peccato, allora, che proprio il prefinale, quando il testo stokeriano finisce per prendere il sopravvento e la trama romanzesca finisce per scivolare nel già narrato in Dracula il romanzo di Lucas cominci ad apparire più sbrigativo e meno pregnante. Perfetto quando si addentra in meandri anche autobiografici e in variazioni originali, il libro finisce per chiudere i conti con il testo di partenza in modo forse troppo meccanico. Così non hanno spessore reale figure portanti come Mina che tanta parte ha avuto nella ribellione di Renfield a Dracula.
Un peccato forse veniale, a fronte comunque di un testo intensamente originale.

Leggi anche l’Intervista a Tim Lucas

 

Autore: Tim Lucas
TitoloIl libro di Renfield
Traduzione: Elena Cecchini
Editore: Gargoyle Books
Dati: 307 pp, copertina brossura
Anno: 2011
Prezzo: 14,00 €
webinfoScheda libro sul sito Gargoyle

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