Al buio, lo spettacolo di Ernesto Maria Ponte che ha aperto la nuova stagione di Senza Sipario del Teatro Bertolt Brecht di Formia, ha il gusto di una splendida frittura siciliana.
Soprattutto ne ha la stessa consistenza dorata, la stessa robustezza, la stessa impressione di un sapore di casa o di rosticceria da consumarsi preferibilmente in piedi, magari a un angolo di strada, mentre oltre l’orizzonte il sole si tuffa nel mare di un tramonto e tutto intorno si riempie di passanti spensierati.
Nel vederlo ne senti la fragranza pulita con il suo carattere di altri tempi e quel piacere che ti scotta le dita prima ancora che le labbra.
E ti lascia con l’idea che ne devi rompere la scorza con i denti per sentire poi la molle e calda consistenza che ti inonda il palato di sapori e aromi forti, speziati e carichi di sale.
Come tutte le pietanze siciliane, anche Al buio ha una sua importanza.
Non è di quelle cose che si accontentano di essere poco più che sapore, ma vuole anche essere sostanza, riempirti la pancia e affaticare il fegato. Cerca la stessa pastosità di una ricotta e la stessa ricchezza sfrontata di un timballo. È un amalgama di dolce e salato in cui stanno tanti ingredienti, tutti ugualmente importanti, tutti in disarmonico equilibrio.
E come tutti i piatti carichi di storia e di gusto ti lascia stordito e un poco appesantito. Magari anche con l’impressione di avere un poco esagerato e che forse era meglio smettere di mangiare qualche boccone prima di quell’eccessiva impressione di sazietà.
Al buio è uno spettacolo di strana testura in cui gli ingredienti sono i temi di un monologo sempre sul filo della reminiscenza commossa e divertita, mentre gli aromi sono la bravura di un interprete capace di tenere scena più di un’ora e con poco affanno.
È uno spettacolo che mette al centro del contendere la nostra dipendenza dalla tecnologia, il nostro nuovo habitat virtuale e lo deride come un vizio che ci ha preso come un raffreddore: per contagio e a suon di starnuti.
È uno spettacolo in cui il comico è al fondo reazionario perché non trova altra strada che il rifugio nel ricordo e la fuga nel passato.
Uno spettacolo per cui il presente, con le sue contraddizioni, è materia da irridere con sguardo carico di nostalgia e con gli occhi pieni delle immagini di quei tempi in cui tutto sembrava avere almeno un senso.
Soprattutto è uno spettacolo in cui il testo è cucito su misura per l’interprete che ce lo porge, per i suoi gesti e il suo eloquio a metà tra il quotidiano e quel buffo affamato di grottesco che è sinonimo di intelligenza e gusto scenico.
Il difetto della ricetta, se di difetto si può parlare, è quindi tutto nell’eccesso di ripieno.
Al buio appare, infatti, formidabile per tutta la prima parte (grosso modo fino alla divertita riproposizione di un classico della canzone come “Parlami d’amore Mariù” che, non a caso, incassa gli applausi più convinti e scroscianti), poi comincia ad inanellare episodi che, pur legati all’ideale invettiva contro le magnifiche sorti e progressive, sembrano più slegati e gratuiti. Impressione, questa, acuita dal fatto che intervengono, nello spazio dell’esecuzione, elementi nuovi e fino a quel momento mai impiegati nella tessitura della scena come i versi in siciliano stretto sulla morte delle vecchie professioni o la videoproiezione delle slide sulla storia del panino con panelle e crocchè.
In fondo il peccato relativo di Al buio è la sua struttura ondivaga, la sua apparente mancanza di architettura che lo rende affine a certo jazz e ugualmente piacevole.
Uno spettacolo divertente e universale cui forse avrebbe giovato qualche inflessione dialettale in più perché in fondo, i bei tempi andati erano anche quelli in cui i dialetti erano il sapore del nostro pane quotidiano e l’odore delle nostre case.
Certamente, comunque, una gran bella prova d’attore.
SENZA SIPARIO
Stagione del teatro d’attore
25 Ottobre ore 20:30 – 26 Ottobre ore 18:00
Teatro Remigio Paone, Formia
produzione Teatro Agricantus Palermo
AL BUIO
di Salvo Rinaudo ed Ernesto Maria Ponte
musiche originali di Tony Greco (chitarra)
con Ernesto Maria Ponte