Il problema essenziale dei film fantastici di oggi, soprattutto quando mettono sullo schermo tante culture e società immaginarie, sta nel riuscire a porre lo spettatore subito al centro dell’azione fornendogli al tempo stesso la massima quantità di informazioni possibili sul mondo di fantasia che si avvia ad incontrare.
La domanda che sembrano porsi ormai gli sceneggiatori sembra essere: come mettere subito lo spettatore in media res e al tempo stesso dargli una bussola per cominciare ad orientarsi? Come unire un prologo allaSignore degli anelli con la scena dello scontro tra gli eserciti alle porte di Mordor?
Forse, però, quello che così tanto ossessiona gli autori dei nuovi block-buster è, in fondo, un falso problema che parte solo dalla convinzione che, se non si comincia con il botto, magari con un conflitto tra due eroi o due gigantesche astronavi che sparano con cannoni fotonici, il pubblico possa annoiarsi troppo presto.
Così, soprattutto nei film di ultimissima generazione non si comincia se non con botte da orbi, luci laser e interi pianeti distrutti da nuove morti nere! Quel tanto, insomma, che basta per svegliare lo spettatore che ancora non ha fatto in tempo a sedersi in poltrona e che ha bisogno fin da subito dello scossone forte.
Ci penseranno nel frattempo i personaggi, tra un cazzotto e l’altro, a ragguagliarci su come razze aliene così diverse siano entrate in conflitto e si odino al punto da sognare lo sterminio l’una dell’altra. E, se tra un colpo di pistola e un altro di frusta, tra un’informazione sul perché certi alieni hanno la pelle rosa e altri arancione, ci scappa pure una battuta di facile presa… bè, tanto di guadagnato!
Il problema, forte soprattutto nel versante dei cinecomics, sta proprio nell’aver a che fare a monte con due grossi pregiudizi: il primo che la soglia di attenzione dello spettatore medio sia bassa (il che il più delle volte è anche vero) e il secondo che eliminare del tutto certi dettagli della storia sia impensabile perché col tempo (e con gli incassi) la fonte di partenza, pur se pop, ha raggiunto un livello di sacralità che non è facile ignorare.
Per questo anche tutta la parte iniziale di I guardiani della Galassia è caotica e rumorosa. Un agitare frenetico i tempi del racconto dopo l’incipit doloroso della morte della madre del piccolo protagonista che di per sé dovrebbe essere invece il motore poetico e la ragion d’essere del tutto.
I guardiani della Galassia, infatti, in tutto il cosmo Marvel (cinema e fumetto), oltre che un ennesimo capitolo di avventure di nerd con superpoteri è, soprattutto, un’accorata riflessione sulla perdita e sul bisogno di compensarla.
L’intera avventura spaziale potrebbe, anzi, essere letta come una vera e propria fuga della fantasia di fronte al dramma dell’elaborazione del lutto. Perché chiunque perda una persona amata sogna di essere tirato via da un’astronave e catapultato in avventure fantastiche, soprattutto se questo può comportare come conseguenza che le lunghe notti di pianto restino celate in un’elissi di quasi venticinque anni.
In verità, il problema della prima parte rumorosa e caotica come si conviene dei guardiani è che a stento riesce a restituire tutte le complesse vicende che fanno da cornice alle avventure che seguono di lì a poco e il tutto sembra un po’ muoversi nel vuoto di un’assenza di contesto reale. La qual cosa implica come conseguenza un’eccessiva mancanza di profondità anche nei personaggi messi in scena perché dove non c’è sfondo anche il primo piano appare stranamente sfocato.
In questo modo lo spettatore medio che non ha letto il fumetto in precedenza non riesce del tutto ad orientarsi nell’azione finché essa non ritrova il livello zero del “salviamo la Galassia perché in fondo siamo buoni”.
Un peccato, in fondo, perché c’è cura di dettaglio e bastava in fondo rinunciare a qualche scena d’azione per dare un po’ di respiro al conflitto tra mondi in cui si riconoscono i buoni (e quindi americani) solo perché sotto attacco e incredibilmente multietnici.
Un peccato soprattutto perché quando l’azione decolla lo fa anche bene con questi personaggi che non riescono mai a prendersi troppo sul serio e riescono a ribaltare in chiave comica ogni cliché supereroico.
Colpisce ne I guardiani della Galassia la capacità di spezzare sempre in controtempo sull’azione per dare spazio alla battuta, per de-eroicizzare i personaggi, per far ridere sulle aspettative di un pubblico troppo abituato al genere.
E dispiace, alla fine, che si abbia l’impressione di un’occasione al fondo un po’ sprecata per un film che avrebbe potuto essere molto più bello se avesse dato al potenziale dei personaggi, tutto il tempo necessario per respirare.
(Guardians of the Galaxy); Regia e sceneggiatura: James Gunn; fotografia: Ben Davis; montaggio: Fred Raskin, Hughes Winborne; musica: Tyler Bates; interpreti: Chris Pratt, Zoe Saldana, Bradley Cooper, Vin Diesel, Lee Pace, Dave Bautista, Benicio Del Toro, John C. Reilly, Djimon Hounsou, Glenn Close, Michael Rooker, Ophelia Lovibond, Peter Serafinowicz, Gregg Henry, Ralph Ineson, Sean Gunn, Lloyd Kaufman; produzione: Marvel Studios; distribuzione: Walt Disney Pictures; origine: USA, 2014; durata: 121’