“Nausicaä della Valle del vento” di Hayao Miyazaki

Nausicaä è un personaggio che attraversa la Storia dell’animazione con una baldanza tutta propria e col suo cipiglio di eroina femminista. Un personaggio forte che, nel passaggio attraverso i decenni, ha lasciato cadere tutto intorno, quasi fossero frutti maturi, libri e studi spesso anche ponderosi che hanno tentato di raccontarne il fascino e il significato.
Paradossale, quindi, cimentarsi oggi, dopo che tanto inchiostro ha attraversato le pagine e che tanto è stato scritto e detto sul primo capolavoro di Miyazaki del 1984, con una recensione di poche righe per i lettori più distratti delle fresche novità per la sala.
Eppur si deve. Perché secondo un paradosso tutto italiano, è oggi che il film ritorna in cartellone, anche se in molti si saranno procurati un dvd e qualcuno avrà avuto modo di vedere il film in un lontano passaggio televisivo.
Con il solito provincialismo tutto nostro che riguarda molto la strana considerazione che tuttora abbiamo dell’animazione come di qualcosa da destinare solo ai bambini, riscopriamo, quindi, un film di trenta anni fa e ce lo viviamo quasi come nuovo. Cosa resa possibile, in fondo, dalla straordinaria attualità del discorso del regista di Ponyo e di La città incantata e dal fatto che i veri grandi capolavori non invecchiano mai.
Con un senno di poi che porta a una rivoluzione copernicana della funzione della recensione non siamo, insomma, qui a profetizzare la persistenza nella memoria e nella storia di un titolo fresco di stampa, ma a sottolineare come neanche un grammo della poesia di Nausicaä sia andata perduta in questi tanti anni.
I discorsi portati avanti in questo splendido film, come sempre assai complesso nella struttura narrativa, sono più o meno quelli di sempre.
Nausicaä è un principessa che vive nella valle del vento, una zona neutrale di un mondo a metà tra un fantasy possibile e un forse post apocalittico. La tranquillità della Valle viene seriamente messa in discussione dall’arrivo di una nave volante con a bordo un gigantesco soldato invincibile immerso in una sorta di stato di ibernazione. Si tratta, in effetti, di un’arma definitiva che fa gola immediatamente alle truppe del regno di Tolmechia, guidate dalla principessa Kushana che vorrebbe utilizzare il soldato per distruggere la terribile foresta tossica popolata da insetti stranamente intelligenti e che pare sia il risultato di un’antica guerra combattuta tempo addietro con armi micidiali, ma che, si scoprirà poi, ha il solo scopo di purificare la terra dall’inquinamento prodotto dall’uomo. Nausicaä, che rappresenta nell’economia narrativa del regista nipponico il prototipo di tutte le successive protagoniste delle sue opere, tenta in tutti i modi di opporsi a questo disegno scellerato forte di una precisa comprensione della complessità dell’ecosistema nel quale vive e di una forte empatia nei confronti di tutte le creature viventi.
Il mito della guerra, in Nausicaä convive quindi e si intreccia con quello ecologico in maniera indistricabile. E se il primo è profondamente legato alla preoccupazione politica che il regista nutre nei confronti della politica estera reganiana che portò di fatto a un acuirsi delle fratture della guerra fredda, il secondo si rivela di un’attualità sorprendente e di un’urgenza ancor più bruciante di quanto non fosse appena trenta anni fa.
Nel suo muoversi in mezzo ai venti, la storia di questa principessa uccello, che magnifica il senso di ebrezza del volo tipico delle migliori fantasie di Mijazaki, è piena di suggestioni che ammiccano a quel che è stato e ancor più a quel che sarà. Ci sono echi di Il castello nel cielo nella figura del soldato invincibile che aspetta solo di essere attivato, ma la stessa Nausicaä è in parte la Lana di Conan il ragazzo del futuro (con cui condivide oltre ad alcuni tratti somatici anche la capacità di parlare con gli animali) in parte la protagonista de Il Castello di Cagliostro.
Nausicaä è, come sempre in Miyazaki, un film affollatissimo a livello narrativo eppure estremamente limpido nella capacità di porgere le sue preoccupazioni più adulte. Un film di incredibile fascino formale che dispiega una sapienza iconografica superba e una qualità poetica difficile da eguagliare.
Ed è un ritorno da accogliere con gratitudine e affetto.

 

 

(Kaze No Tani No Naushika); Regia: Hayao Miyazaki; sceneggiatura: Hayao Miyazaki; fotografia: Hideshi Kyonen; montaggio: Tomoko Kida, Shôji Saka, Naoki Kaneko; musica: Joe Hisaishi; produzione: HAKUHODO INCORPORATED, STUDIO GHIBLI, TOKUMA SHOTEN; origine: Giappone, 1984; durata: 116’

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

error: Il contenuto è protetto