“X + Y” di Morgan Matthews

La matematica e l’amore hanno questo in comune: si basano su formule il cui senso sfugge alla maggior parte delle persone e, arrivati al dunque, l’ultimo teorema che sembra portarci ad una soluzione di qualche tipo è definitivamente indimostrabile.
Così, affannati nel tentativo di dare una risposta che dia riposo alla nostra ricerca, non ci accorgiamo, il più delle volte, di quanto a contare sia la bellezza del «tendere a» e non la meta che ci eravamo a tutta prima prefissati.
Anche la musica che mette tutto insieme, che lega con un sottile filo di seta la precisione vera della matematica e la verità indicibile dell’amore, finisce per essere suono che emoziona, inafferrabile e su cui è meglio tacere.

Il protagonista di X + Y è un piccolo genio della matematica.
Del mondo che lo circonda non cerca il colpo d’occhio, vede piuttosto i patterns, la struttura implicita, il gioco preciso delle linee e dei colori a disegnare una geometria impeccabile. Da piccolo gli erano stati diagnosticati tutti i sintomi di una forma non troppo grave di autismo e questa cosa lo ha reso fin da subito a suo modo unico. Ma alla passione della matematica con le sue formule dimostrabili che regalano sempre una piana sicurezza per muoversi nel caos del creato, ha aggiunto la chiusura strana della reticenza di chi vive in un mondo tutto suo e sente che è troppo doloroso e faticoso uscirne.

Poi lo svolta narrativa: il ragazzo è troppo bravo in matematica. Ha una mente brillante e acuta e tutte le equazioni che risolve mostrano una bellezza che non ha pari anche se, in certi punti, cede a un sentimento strano che sa troppo del ricordo delle sue tragedie personali e della sua difficoltà ad uscirne. Così entra nella squadra inglese delle olimpiadi di matematica e lascia casa per scoprire il mondo.

X + Y si muove solido sul terreno sdrucciolo della tante storie sentimentali e adolescenziali che riempiono il nostro cinema. Non si prefigge di dire cose particolarmente nuove né sulla matematica (autentico tabù del cinema perché difficile da mettere in movimento sullo schermo) né, ancor meno sull’amore.
Sarà proprio per questo che il film finisce per dire tanto sulla cosa più importante: la nostra inadeguatezza di fronte al sentimento, la nostra incapacità di definire relazioni, il nostro stare sempre un passo indietro rispetto a quel sentimento che ci brucia sulle labbra e così raramente riesce a trovare lo spazio della parola o anche del gesto che ci dichiari inermi.

In fin dei conti l’autismo più o meno evidente del personaggio (cui presta volto una delle migliori promesse del nuovo cinema inglese: Asa Butterfield) è solo un escamotage narrativo per mettere in primo piano la condizione universale del non saper esprimere quel magma confuso di emozioni che ci portiamo dentro e che non riusciamo a capire per quanto sia bello e bruci.
Del resto il film mette in campo tutta una serie di rapporti, tutta una galleria di personaggi che hanno un loro preciso perché nell’economia complessiva di un arazzo sull’infinito del verbo amare che davvero si allarga in tutte le direzioni. E così il film, mettendo al centro il suo personaggio come la punta di un compasso, gira un cerchio perfetto che dall’amore filiale, all’amicizia fino all’incertezza del primo amore, finisce per apparire straordinariamente efficace pur nella tenace volontà di non uscire mai dai confini del genere narrativo.

Ci sono nel film sequenze molto belle: la prima passeggiata in solitaria per le strade di Taiwan, il dialogo tra madre e figlio che ristabilisce il senso dei legami o anche il doloroso gioco di campo e controcampo quando vediamo il protagonista seguire da presso il ricordo del padre che lo portava a cavaluccio senza che possa esserci mai più l’inquadratura capace di contenere chi guarda e chi è guardato. E c’è anche qualche caduta di tono soprattutto nelle scene delle gare di matematica.
Eppure X + Y è un film che emoziona e ha un suo calore. Ed è in fondo ciò che dovremmo sempre chiedere ad un film.


(X + Y); Regia: Morgan Matthews; sceneggiatura: James Graham; fotografia: Danny Cohen; montaggio: Peter Lambert; musica: Martin Phipps; interpreti: Asa Butterfield, Rafe Spall, Sally Hawkins, Eddie Marsan, Jo Yang, Jake Davies; produzione: David M. Thompson, Laura Hastings-Smith, BBC Films, BFI; origine: UK, 2014; durata: 111’

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