Sketch & Scotch

Nei cartelloni che oggi si piazzano davanti ai teatri di città, a richiamare il pubblico come l’imbonitore di una volta, la clownerie ha poco spazio e quel poco che ha non è che sia veramente adeguato a contenerla.
Avrebbe bisogno, quest’arte antica e nobile, di una stanza tutta per sé, invece si accontenta di starsene in programmazione nelle stagioni per bambini o nei cartelloni più off, di quelli che portano in sala, quando si è fortunati, una ventina di spettatori.
Del resto la clownerie è parente troppo stretta del circo e ha, soprattutto per gli italiani che ragionano per schemi sin troppo semplificati, troppa affinità con il mondo degli acrobati, dei domatori di leoni e delle donne barbute.
Invece, e ci se ne accorge a pochi numeri dall’inizio di Sketch & Scotch, spettacolo portato in scena dal Duo Mimatto, la clownerie, nella sua più alta espressione, è quasi danza. Vive nello spirito notturno del sogno e della reverie, cugina di primo grado di una musica senza suono e parole che vive piuttosto di immagini e gesti inusuali. E cammina sulla punta di zampette di ragno in un mondo surreale dove i contorni delle cose si sfilacciano e il senso (quello che crediamo incontrovertibile e sul quale fondiamo la miseria della nostra vita quotidiana) sembra sperdersi in mille rivoli di piccola magia.
Con quella vita quotidiana, lo spettacolo di Sketch & Scotch, che si ispira a una complessa tradizione che passa per nomi del calibro di Étienne Decroux o Slava Polunin, ha non pochi punti di contatto. I numeri presentati dagli attori (Luca Di Tommaso e Francesco Magliocca, entrambi dotati di un senso della scena ammirevole e da un ritmo di stupefatta precisione) sono infatti espressione di un malessere esistenziale che racconta sempre la solitudine dell’individuo di fronte all’incomprensibilità di un mondo di cui si vorrebbe essere parte, ma che ci scaccia a ogni passo.
Di fronte a questo mondo di discipline olimpiche, di sfarzo, di folla e di acclamazioni, il clown è la maschera triste di un’alterità a stento conciliabile. Una maschera che di disfa e si sforma, quasi fosse fatta di gomma, grazie al gioco degli attori dietro uno schermo nero che è il nostro abbaglio di coscienza. Una maschera che cede al gesto espressionistico di una tragedia epocale che si ribalta, beffardamente, nel comico più puro. Si ride, sempre, alla fine, sull’orlo del baratro, delle cose che più ci fanno male.
In fondo Sketch & Scotch stanno benissimo in mezzo ai bambini. Ci stanno bene perché raccontano il reale attraverso un filtro favolistico e surreale che stupisce e incanta.
Al tempo stesso, però, ci stanno male perché le nuove generazioni, ormai abituato al consumo indifferenziato di tanta immagine a quella magia si abituano ormai troppo in fretta e dopo un po’ gli va a noia il fatto che per costruire un’immagine sia pure bella ci voglia così tanto lavoro e tutto a vista.
Ed è un peccato perché Sketch & Scotch meriterebbero altro spazio e, insieme a quello dei bambini, altro pubblico.
Un pubblico che, certo si faccia incantare, ma che poi sappia portarsi a casa anche un poco di poesia.


Duo Mimatto
Sketch & Scotch
Luca Di Tommaso e Francesco Magliocca
20 novembre 2016 – Teatro Remigio Paone, Formia

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