Nano Egidio. Una storia vera (season one)

C’era una volta, tanto tempo fa, la favola.
La raccontavano le mamme ai loro piccoli per cacciare la paura del buio dai lettoni fatti grandi dalla penombra delle lampade. Oppure le nonne, quando erano troppo stanche dei giochi e delle corse, delle partite a palla o degli “a chi vedo, vedo”.
C’era una volta e ora non c’è quasi più, perché la fretta del mondo si è mangiata tutte le parole e ha fatto un sol boccone di quel tempo che era necessario per farle diventare storia.
Oggi, nella migliore delle ipotesi, i bambini, quando hanno un po’ di tempo libero, vengono parcheggiati davanti a un DVD della Disney. Nella peggiore davanti a un televisore acceso che vomita le cose a un ritmo tutto suo, fatto di pause pubblicitarie, di riassunti delle puntate precedenti e di storie tutte uguali nel loro non andare da nessuna parte.

Con questo ritmo nuovo si confronta il nano Egidio, protagonista di una serie di spettacoli, di cui il primo è approdato in revival in questa edizione di Sciapò.
E questa volontà è chiara già nel titolo, ammiccante e provocatorio, in quell’ossimoro prodotto dall’accostamento tra la formula “Una storia vera” che rimanda alla moda triste dei Reality e quel “Season one” che, messo tra parentesi, rimanda invece al racconto seriale di marca anglosassone e ancor più statunitense.
Dei primi lo spettacolo, nato da un’idea di Marco Ceccotti e Simona Oppedisano, si porta addosso la vocazione all’assurdità in presa diretta, dei secondi la virtuale inesauribilità della formula, l’idea di un racconto che si eterna, si aggroviglia su se stesso e non cerca mai la chiusa perfetta che quadri tutti i cerchi del narrare.

L’idea di fondere le dinamiche dello spettacolo teatrale con quelle del racconto televisivo è già di suo inedita e intrigante. Si tratta, in effetti, di una vera e propria operazione di transmediazione che riporta la visione a distanza del mezzo televisivo nell’hic et nunc dell’evento teatrale. Si passa in questo modo da un sistema narrativo fondato sull’assenza (l’immagine è puro simulacro di una realtà che di fatto non c’è) ad un altro che opera invece in presenza di attori e personaggi che occupano il nostro stesso spazio e respirano la nostra stessa aria.
In questo passaggio da un contesto all’altro, operato letteralmente senza anestesia, si brucia un’operazione linguistica di grandissima portata volta a mettere in crisi sia gli elementi costitutivi della grammatica televisiva sia quelli del linguaggio teatrale tout court.
I modelli televisivi sono messi in crisi perché nel nuovo habitat teatrale perdono gran parte della loro funzione e del loro significato.
La ripetitività di certe situazioni, ad esempio, è perfettamente funzionale sul piccolo schermo perché l’intero sistema narrativo deve scendere a compromessi con la memoria a tempo breve e distratta del telespettatore medio, ma non è di nessuna utilità per il pubblico teatrale che è naturalmente più concentrato e più attento ai dettagli. Persa la sua funzione di gancio mnemonico (letteralmente un “dove eravamo rimasti”) per lo spettatore, tale ripetitività di situazioni (e spesso di battute) diventa, così, puro accidente comico il cui rischio più grande è la stanchezza che può derivare dall’abuso.
Allo stesso modo l’idea di far precedere i vari episodi che compongono il racconto da sigle animate e riassunti delle puntate precedenti (questi ultimi solo a livello sonoro con la ripresa di alcune battute fondamentali registrate), si trasforma in espediente che non ha alcuna reale funzione narrativa.
Del resto il nano Egidio, a dirla tutta, non racconta nulla, eccetto, forse, solo il suo “dire”. È un puro e semplice gioco linguistico che per certi aspetti rimanda addirittura a Wittgenstein, ma senza perdersi come il filosofo nella selva delle teorie. Pura linguistica applicata quindi, forse, in certi momenti, in modo non del tutto consapevole.

Proprio per questo, il suo funzionare come oggetto di comunicazione dipende in primo luogo dalla sua capacità di stipulare un equo patto spettatoriale. Occorre che il pubblico sia partecipe della specificità dell’operazione e se ne faccia controparte attiva perché lo spettacolo risulti (av)vincente.
Per sua specificità il pubblico ideale de Il nano Egidio è un pubblico giovane. Abbastanza in là con gli anni da ricordare con affetto i cartoni animati di una volta, ma non troppo da sentirsi estraneo alla moda del serial americano di questi anni. Un pubblico che apprezzi Lost e la vertigine di lasciarsi trasportare in mondi non necessariamente provvisti di coerenza narrativa e che sappia lasciarsi convincere da storie costruite in diretta, dove viene prima il colpo di scena e poi, a posteriori, la sua spiegazione.
Un pubblico, infine, che si guarda i telefilm in streaming, o se li scarica dalle piattaforme pirata e che sia abituato a vedersi un’intera stagione di una serie in un pomeriggio.
Un pubblico insomma che ha già cominciato a staccare le opere televisive dal loro contesto per farle oggetto di una visione domestica, nei tempi e nei modi che ritiene più opportuno.

Per questo tipo di spettatore Il nano Egidio risulterà operazione godibilissima e divertentissima. Apparirà più gratuita, se non addirittura stancante, per chi è più lontano da questa dimensione culturale (non necessariamente coincidente con una specifica fascia d’età).
Spettacolo nato per piccoli teatri dal momento che i pupazzi agiti sulla scena sono spesso molto piccoli, Il nano Egidio ha il gesto intimo di un gioco infantile. Ed è coraggioso, pur nei limiti di un’operazione che rischia di apparire più ludica che altro. Il suo merito è che non diventa mai una critica al modello televisivo, e il suo pregio è la qualità spesso notevole del gioco degli attori che ritmano in maniera forsennata dialoghi ai limiti del surreale.


Teatro libera tutti
21 marzo, ore 21:00
Teatro Bertolt Brecht, via delle Terme Romane, Formia

Collettivo Nano Egidio
IL NANO EGIDIO – UNA STORIA VERA (SEASON ONE)
da un’idea di: Marco Ceccotti e Simona Oppedisano
Drammaturgia: Marco Ceccotti
Regia: Nano Egidio
Attori e Burattinai: Marco Ceccotti, Simona Oppedisano, Francesco Picciotti e tanti personaggi della vostra fantasia
Scenografia: Gianni Ceccotti e Francesco Picciotti
Costumi: Marina Oppedisano e Giuliana Salvatori
Grafica: Federica Ceccotti

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