Giufà e il mare è una strana somma di paradossi che si prendono a braccetto e che, con fare sornione e divertito, ci guardano da lontano facendoci marameo con un lesto movimento delle dita.
Più che una storia è una bizzarra somma di storie che sfidano ogni legge matematica dimostrando, al di là di ogni ragionevole dubbio, che due più due non ha mai fatto quattro.
Ci ricorda in qualche modo la stramba storia del calabrone che, leggenda narra, secondo alcuni scienziati non potrebbe volare, ma che, in barba a tutte le leggi della fisica e dell’aereodinamica, alla fine vola.
La grande bellezza di Giufà e il mare non è nel cosa, ma nel come.
Giufà non è bello in virtù di quel che racconta, ma per il modo con cui lo fa.
Non è uno spettacolo che cerca la perfezione del gesto di un provetto illusionista che nasconde il trucco a caccia di un applauso, piuttosto ti mette davanti ogni cosa perché tu la veda e abbia tutto il tempo di chiederti com’è che funziona. Fosse un vestito messo in vetrina, ti apparirebbe strano perché piegato al rovescio con la stoffa buona dentro e ogni cucitura fuori.
L’artificio non è nascosto nelle pieghe, tra un battito di ciglia e l’altro, ma sta davanti, giusto sotto l’etichetta con il nome della cosa.
Forse è proprio per questo che piace tanto (incredibile a dirsi!) ai bambini. Perché non è uno spettacolo in cui ogni cosa sta al suo posto, ma è come un giocattolo che qualcuno ha smontato pezzo pezzo per scoprire com’è che funziona.
Giufà e il mare non è di quegli spettacoli che prendono un ventilatore, un pezzo di tela e creano, per un pubblico sempre troppo anestetizzato da un eccesso di cattiva televisione, l’illusione di una vela al vento. Piuttosto è uno spettacolo che ti dice che, prendendo quegli ingredienti, è facile ti venga quella somma ma che quattro non è comunque la stessa cosa che due più due.
In fondo Giufà sta proprio tutto qui: in questo suo spensierato prenderci per mano per una bella passeggiata nei boschi narrativi di cui favoleggiava Eco dove davvero Calvino chiacchiera con i maestri della commedia dell’Arte senza che ci sia contraddizione!
Antonello Antonante ha sempre ragionato, in tutti i suoi spettacoli, sulla capacità del teatro di mettere l’infinito nella goccia d’acqua, eppure è forse soprattutto con le storie di Giufà che ha trovato il laboratorio perfetto per riverberare nel cristallo la sua personale concezione di Teatro.
Qui, nello spazio giocoso di un’arguta riflessione su come le storie più belle passino di bocca in bocca correndo sulla schiuma delle onde del Mediterraneo (Giufà è un personaggio archetipico del mondo cattolico ebreo e musulmano), il direttore artistico del Centro RAT di Cosenza trova un habitat ideale e spesso magico.
Nella sua idea di Teatro il lavoro del regista si confonde con quello sublime dell’archeologo che scava nel terreno freddo della Storia in cerca dei mille rivoli, tutti uguali eppure diversi, delle storie. E la sua bravura la si coglie nella capacità con cui spolvera i reperti, li mette in luce e li lascia al libero gioco creatore del pubblico in sala che completa, dove può, quel che il filologo copre solo con una fresca mano di stucco a dirci il vuoto del Tempo che è passato.
Il suo Giufà trova espressione compiuta nell’interpretazione di Maurizio Stammati che il personaggio se lo è stampato addosso come un tatuaggio e sembra quasi che per farlo vivo gli basti appena respirare e senza affanno.
Lo aiuta la musica all’organetto di Dilva Foddai che sulla scena è cieca come Omero e muta come un Vespone pergolesiano. Forse proprio per questo riempie di riverberi e suggestioni uno spettacolo che è straordinariamente bello anche se ti è poi difficile riuscire a spiegare esattamente perché.
Forse perché l’emozione non si spiega, ma vola via veloce lasciandosi dietro appena l’ombra del suo esserci stata. Sfidando ogni legge della gravità. Proprio come un calabrone che non potrebbe, eppure vola.
FAMIGLIE A TEATRO
Stagione di teatro per ragazzi
14 dicembre 2014, ore 17:00 / 18:30
Teatro Remigio Paone, Formia
Teatro Bertolt Brecht, Formia – Teatro dell’Acquario, Cosenza
GIUFÀ E IL MARE
con Maurizio Stammati e Dilva Foddai
regia Antonello Antonante