La scena più sorprendente di questo Biancaneve e i sette nani dei Guardiani dell’Oca di Chieti arriva quasi a metà spettacolo ed è una di quelle magie che quasi non ti aspetti.
Avviene nel buio denso della scena, subito dopo il calar della notte sul bosco, quando i sette simpatici nanetti, tornati finalmente a casa loro dopo una giornata di fatica, scoprono una piccola fanciulla candida che dorme ignara nei loro letti.
La scena ha un suo stupore da vecchia fiaba di quelle che si leggevano ai nipotini davanti a un camino acceso. E anche la luce sul palco, d’improvviso domestica come un lume di candela, suggerisce un’impressione di sogno e di palpebre pesanti, di respiro caldo e di riposo.
Intorno a questo sonno che brilla come un’epifania, che ha la dolcezza di un quadro o di una vecchia illustrazione, i sette nanerottoli si presentano in scena, uno alla volta, ognuno con la battuta che lo rappresenta e l’espressione che gli da respiro.
Sembra quasi che la favola cominci qui. Tutto quello che c’era stato prima, di fronte alla suggestione di un momento che così bene fa rima con la scena della morte di Biancaneve (che non è lontana), ti diventa nel ricordo quasi un preambolo che impone le sue esigenze di contratto. Ci doveva stare perché i bambini quello vogliono, eppure ti sorprende il pensiero di quanto bello avrebbe potuto essere, se fosse stato proprio questo l’inizio di spettacolo, in questa scena incantata in cui Biancaneve dorme il suo sonno di bambina e noi, dall’altro lato della quarta parete, la sogniamo con i nostri occhi magicamente fatti bambini.
E d’improvviso ci si apre di fronte un’altra possibilità di narrazione: le scene di una Biancaneve che diventa mamma dei nani, le scene del bucato, della preparazione dei pranzi, del riordino della casa, fino ad arrivare magari a quella mela che tutto incaglia nella disperazione del punto di morte rituale, prima dello squillar di trombe del necessario lieto fine. Quello, insomma, che nella Biancaneve dei guardiani dell’Oca c’è, ma appena racchiuso nello spazio di una canzone, tutto compresso in un solo bisogno di allusione.
Raccontare Biancaneve a teatro è impresa improba che fa tremare i polsi nelle vene. Sembra facile e invece è un mare tutto scogli in mezzo ai quali è tanto facile naufragare.
I guardiani dell’Oca scelgono una strada tutta in salita: quella del rispetto quasi assoluto della tradizione. Percorso sterrato al quale concedono poche deroghe come quella di unire in un solo personaggio principe e cacciatore per dare il messaggio importante che un lieto fine va costruito con le azioni (come decidere di ingannare la regina non uccidendo Biancaneve) e non ci si inciampa sopra come faceva quel nobile della fiaba originale che portava in dote al racconto niente più che il suo bacio tinto di azzurro.
Una strada in salita, a dirla tutta, che affrontano con poco affanno perché si appoggiano a un mestiere consumato come il cuoio vecchio che restituisce ai bambini la sensazione di un teatro fatto con pochi pezzi di stoffa e tanta fantasia.
Certo lo spettacolo, che è una nuova produzione, ha bisogno di trovare ancora il suo equilibrio più perfetto, certo gli manca ancora quell’ironia e quella voglia di gioco che avevamo tanto apprezzato nel Robin Hood di appena un anno fa.
Eppure Biancaneve e i sette nani è uno spettacolo pieno di spunti interessanti e di autentico spirito di favola e colpisce per il suo essere un continuo braccio di ferro tra le ragioni della scena e il bisogno di invenzione, tra racconto e abbandono al piacere della fantasia.
E in fondo, basterebbe appena un poco più di distensione, un filo in più di movimento (un vero peccato, obbligato da esigenze di scena, quel coro immobile dei nani al risveglio di Biancaneve!) per fare di questo spettacolo un piccolo possibile gioiello.
FAMIGLIE A TEATRO
Stagione di teatro per ragazzi
Teatro Remigio Paone, Formia
9 novembre ore 17:00
Compagnia i Guardiani dell’Oca
BIANCANEVE E I SETTE NANI
regia di Zenone Benedetto