Hercules: Il Guerriero

La premessa che sta alla base del progetto del nuovo Hercules in salsa hollywoodiana è stranamente intrigante: grattar via dal ritratto dell’eroe greco tutte le esagerazioni mitiche che gli si sono incrostate intorno nel corso dei secoli in cerca di una realtàaltra più adatta alle nuove generazioni.
Si tratta, strano a dirsi, di una premessa storicamente condivisibile dal momento che è risaputo che l’epica greco-romana è fondata sull’esagerazione e sull’enfasi.
È poi storicamente attendibile che chi aveva subito una pesante sconfitta in battaglia o aveva perso tutto il carico di un’imbarcazione mercantile tendesse ad esagerare i racconti della propria sconfitta dotando l’avversario di una forza sovrumana o di poteri straordinari. Come è possibile che i guerrieri più forti accettassero di buon grado il proliferare di leggende sulla loro presunta imbattibilità che potessero precederli in battaglia, suscitando già il timore degli avversari. Bisogna, però rapportare questi elementi culturali al tempo necessario alla loro diffusione popolare che era ben più lento in tempi in cui nella migliore delle ipotesi si viaggiava a cavallo o su lentissime imbarcazioni.
Hercules, viceversa, mette in scena una realtà già figlia di un meccanismo spettacolare di autopromozione dell’immagine dai tratti già decisamente contemporanei. Il film comincia, infatti, con la narrazione delle gesta eroiche di Ercole utilizzate al solo scopo di spaventare gli avversari. La mitologia diventa, quindi, un’arma mediatica che lo stesso sedicente semidio utilizza in modo spregiudicato per i suoi fini guerreschi.
Una scelta stranamente autocritica visto che ci dice che i media (anche se qui solo orali per ovvie questioni cronologiche) sono armi di guerra anche e soprattutto quando sono utilizzate per puro intrattenimento.

Grattare però sotto le incrostazioni di un mito millenario è un processo non privo di conseguenze. Soprattutto perché obbliga lo scavatore alla scelta tra due strade obbligate. La prima conduce direttamente verso il realismo. In altre parole si lavano via le sovrastrutture leggendarie in cerca di una possibile verità dei fatti per cui, ad esempio, l’idra non era un serpente con tante teste, ma un’organizzazione paramilitare che agiva quasi nell’ombra.
La seconda, viceversa, parte dalla decostruzione di un vecchio mito per edificarne, al suo posto, uno nuovo di zecca.

Tra le due strade ad Hollywood si è pensato bene, dopo una buona mezz’ora di franca indecisione, di imboccare la seconda. Se non altro per risparmio energetico! Dove trovare, infatti, uno sceneggiatore che si metta per qualche decina d’anni a far ricerche in Grecia a caccia della verità storica?
Del resto divisi tra verità e leggenda, gli Studios hanno sempre scelto la seconda da ben prima che John Ford trasformasse la prassi in una massima proverbiale.
Così, restando dalle parti del western si è deciso, piuttosto, di fondare un nuovo mito, un nuovo supereroe (i semidei erano in fondo gli spiderman dell’antichità) adatto a tutte le stagioni.

Si è preso alla regia Brett Rattner che, dopo il fallimento estetico su tutti i fronti di X-men: The Last Stand non ha ancora capito che non da tutte le ceneri di un rogonecessariamente viene fuori una fenice e si è messo mano ad un ennesimo fumetto che mischia sacro e profano, toglie di mezzo dei e creature mitologiche e mette al centro muscoli e onore. Siccome tutto si ricicla e niente si distrugge, Hercules riprende lo schemanarrativo dei Sette samurai di Kurosawa che già era diventato un western e poi unospaghetti western. Ed ecco, allora, che un gruppo di mercenari si mette al soldo di chi chiede aiuto senza accorgersi, e qui sta la novità, di appoggiare le mire espansionistiche degli imperatori di turno. I cattivi sono ancora i potenti e il vero eroe è chi si oppone, magari sollevando, con poco sforzo, qualche decina di tonnellate di puro finto marmo.

Il problema dell’operazione, oltre ad una regia che è puramente funzionale ad un ennesimo mezzo kolossal coi sandali e tronfio di umorismo nerds da cinecomics, sta nell’incoscienza. Per rifondare un mito millenario come quello di Ercole, infatti, non basta decostruire le gesta cantate da Sofocle o da Seneca, bisogna soprattutto avere bastante fantasia per costruire nuovo. Qui invece, la fantasia ha le ali piccole di Icaro. E neanche la stessa tenuta al volo.

 

 

(Hercules: The Thracian Wars); RegiaBrett Ratnersceneggiatura: Ryan Condal, Evan Spiliotopoulos;fotografia: Dante Spinotti; montaggioJulia Wongmusica: Fernando Velázquez; interpreti: Dwayne Johnson,Rufus Sewell, Aksel Hennie, Irina Shayk, John Hurt, Ian McShane, Joseph Fiennes, Ingrid Bolsø Berdal, Reece Ritchie, Peter Mullan, Rebecca Ferguson, Tobias Santelmann, Joe Anderson; produzione: Film 44, Metro-Goldwyn-Mayer (MGM), Paramount Pictures, Radical Pictures, Radical Studios, Spyglass Entertainment;distribuzione: Universal Pictures; origine: USA, 2014; durata: 98’

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