L’atto creativo è indicibile, è una scintilla che balena nel buio in un punto imprecisato che l’occhio non fa in tempo a registrare. È come quel fiammifero con cui i soldati si accendevano le cicche durante le notti insonni delle guerre: indica una posizione aleatoria verso cui il critico/cecchino può sparare a patto che dimentichi che dietro quella luce astratta c’è carne e sangue.
Eppure che cos’è questo mistero della creazione? Dove scocca la scintilla che fa sì che un’opera d’Arte sia dove prima erano solo colori, volumi, cose? Dov’è che il Creatore insuffla l’alito di vita? Dove si cala la parola misteriosa che divide la creta dall’esistere?
Queste domande sono al centro del piccolo gioiello La voce del sangue, un corto che racconta, chiudendola in metafora, la storia della genesi di una delle sculture più sorprendenti della nostra Storia dell’Arte: ilCristo velato di Giuseppe Sanmartino.
Le vicende che hanno portato alla realizzazione di questo capolavoro sono ultra note, ma giova, in questa sede, ricordarle brevemente. Il lavoro fu infatti dapprima commissionato ad Antonio Corradini che, però, morì lasciando un bozzetto in terracotta già segno di un travaglio ideativo importante. La commissione passò, quindi a Sanmartino che partì da dove il lavoro era stato interrotto.
Fu mero esecutore? Fu semplice cerusico che prestò la sua opera al travaglio di un parto altrui? E ancora: dov’è che comincia l’Arte? Nella sola regione delle Idee astratte? O non piuttosto nella lenta agonia del venire al mondo, nel togliere la pietra di troppo dal blocco che è esso stesso già opera d’Arte in potenza? E infine, andando a ritroso in cerca del momento esatto del concepimento: non sarebbe piuttosto da pensare che sia il principe committente, l’unico vero padre dell’idea e quindi del capolavoro che ne è risultato?
Il corto esemplifica la domanda innestandola nella metafora del travaglio. Sulla scena l’opera d’arte diventa una donna che deve essere aiutata a partorire e Sanmartino è l’ostetrico chiamato a prendersi carico del peso di un figlio non suo. Eppure la voce del sangue impone qualcosa di più della mera esecuzione di un dovere imposto e l’atto stesso del medico che presta la sua opera per salvare madre e nascituro si carica di ambiguità. È gesto faticoso, impastato di sudore e sangue, ma anche erotico e fecondativo. È esecuzione, ma non è per questo meno creazione perché c’è genio anche nella fatica dello scavare nel marmo e ogni colpo di scalpello produce la sua piccola scintilla.
In questa confusione di istanze, in questo continuo slittare tra Artigianato e Arte, in questa sintesi densa di umori e idee sta il più grande pregio di La voce del sangue che, anche a livello di costruzione audiovisiva, si pone sul guado tra Barocco e Settecento, tra bisogno di stupore e razionalità, tra Genio e Metodo. Perché non c’è Creazione senza Fatica, né nascita senza travaglio.
Il corto di Francesco Afro De Falco, nato all’interno di un laboratorio di cinema, è stato girato interamente a lume di candela a segno di un’ambizione per una volta commisurata sul talento di chi ci ha messo mano (una vera rarità in Italia!).
E se sono da apprezzare le eccellenti prove degli interpreti (su tutti Lello Serao in perfetto equilibrio tra fisicità sanguigna e dolore) resta, però, il dubbio che forse a livello musicale si poteva osare qualcosa di più.
Un peccato relativo perché, al di là di tutto, La voce del sangue è decisamente un piccolo capolavoro.
Tweeting: Piccolo capolavoro sul mistero e sulla fatica della creazione artistica.
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(La voce del sangue); Regia: Francesco Afro De Falco; sceneggiatura: Fabrizio Nardi, Carlo di Sangro, Francesco Afro de Falco; fotografia: Luca Cestari; montaggio: interpreti: Lello Serao, Federico Salvatore e Lucia Rocco;scenografia: Ivan Gordiano; costumi e Make-up: Mary Samale; produzione: Libera Scena Ensemble;cooproduzione: Film Commission Regione Campania; distribuzione: SMC Salvatore Mignano Communicationorigine: Italia, 2013; durata: 14’,40’’