“Li ascolti. I figli della notte fanno la loro musica” esclamava estasiato il conte Dracula ad uno sbigottito Jonathan Harker mentre i lupi dai denti aguzzi cantavano alla luna.
I figli della notte, oggi, sono pallidi riflessi di umanità, figure dal candore latteo della pelle dei bambini. Una scorza di sogno così sottile e fragile che basta appena un raggio di sole del mattino a farne pergamena per il fuoco.
La Xerodema Pigmentosus (XP), meglio nota come la malattia di Dracula è questo: un’acuta allergia al sole, una fotosensibilità che, nelle sue accezioni più gravi, è tale da trasformare un minuto di luce nella più dolorosa delle ustioni. Quel che resta del giorno diviene così cancro se appena riesce ad infiltrarsi dalle finestre schermate a fatica.
Anche i figli della notte di The dark side of the sun fanno la loro musica, ma è musica di luci perlacee, artificiali e bluastre. Proprio come quella della luna che, vagamente benevola, osserva dall’alto le loro danze spettrali, imbevute della malinconia del giorno e della sete non di sangue, ma di umanità.
Questi bambini, perché l’aspettativa di vita dei pazienti affetti da XP è bassa e raramente sfonda il muro duro dell’adolescenza, vivono di giorno, protetti da spessi indumenti e sognano di notte, con la magia delle favole.
Del giorno sentono l’odore che è anche quello denso ed acre del vivere insieme tra pari. Della notte vivono la gioia della vita all’aria aperta, mentre la campagna si riempie di rapaci e il silenzio tutt’intorno è un invito al libero volo della fantasia.
Per questi bambini è stata creata una struttura, Camp sundown, fondata nel dolore dell’esperienza diretta dei genitori che vedono i loro figli bruciare nella luce. È un luogo di’incontro e di socializzazione, un punto di ritrovo in cui il reciproco stare insieme possa aiutarli a metabolizzare il lutto impossibile del giorno. Qui i piccoli giocano, fanno gite, parlano, si confrontano, si confessano, si dicono. L’hanno fondata padri e madri di innocenti dopo che i dottori non avevano trovato altre parole che “Mi dispiace!” per spiegare il perché di tutte quelle bruciature sui corpi dei piccini. E la struttura è anche la storia del loro scendere a patti con la malattia, il tentativo di darle un nome quotidiano che si possa pronunciare comprendendolo.
Il documentario di Carlo Shalom Hintermann è, però, prima di tutto la storia dei bambini e dei loro sogni. Per questo l’immagine fotografica cui la notte dona un’aura d’incanto non basta più. Consapevole del limite, il regista sfonda il realismo del solido film d’inchiesta documentaristica con l’oltre del cartone animato e ammanta il suo racconto, man mano che procede, di simboli notturni. Ne vien fuori l’epica rappresentazione di uno scontro infinito tra giorno e notte, tra sogno e veglia, tra sole e luna coi bambini posti a mezzo del contendere, incapaci a trovare una loro posizione, eppure sereni, portatori loro di luce, laddove il sole è negato.
Ed è proprio questa serenità di fondo che non viene mai meno neanche nei momenti luttuosi a costituire il basso continuo di un’operazione incredibilmente riuscita e capace di rifuggire dalle trappole della commozione ricattatoria del facile melodramma o dello sguardo clinico ed oggettivo del documentario medico. Invece lo sguardo si mantiene pudico, a giusta distanza da un’alterità inconciliabile che ci è più vicina di quanto noi stessi non ci piaccia ammettere.
A fine proiezione le luci si riaccendono in sala in un brivido impercettibile, accompagnato dall’idea strana che i brani d’animazione lascino un segno più profondo dei brandelli di realtà rubati dalla macchina da presa. In fondo il miracolo più grande di The dark side of the sun è proprio questo: l’averci riempiti, noi figli della prosa piana del giorno fatto, del desiderio della notte contemplando la nostra immagine riflessa. Il documentario con le sue interviste e il suo realismo, in fondo, non è altro che il crepuscolo di mezzo, la superficie piana di uno specchio. In fondo è giusto che sia così.
(The Dark Side of the Sun); Regia: Carlo Shalom Hintermann; animazione: Lorenzo Ceccotti; sceneggiatura animazione: Carlo Shalom Hintermann, Lorenzo Ceccotti, Bambini di Camp Sundown; fotografia: Giancarlo Leggeri; montaggio: Piero Lassandro; musica: Mario Salvucci produzione: Citrullo International (Italia) – Rainbow (Italia); origine: Italia, 2011; durata: 92’