L’orrore dell’Olocausto non è che è stato, ma che può ancora essere. Sta a noi trovare ogni giorno parole perché non sia.
Una stazione è il luogo della rappresentazione, luogo simbolo del passaggio dalla vita alla morte; un bambino è l’emblema della fuga dalla morte per la vita mentre le valigie sono custodi delle storie, conchiglie alle quali il bel personaggio di Angelo – il fattorino – accosta il suo orecchio per ascoltare. “La valigia dei destini incrociati” è un lavoro prezioso, perché parla a tutti anche ai ragazzi, senza lasciar loro la sensazione che tutto questo non li riguardi, semplicemente perché non c’erano.
“Sembra che Alessandro Izzi voglia mettere in scena un altro personaggio cui tiene molto, il suo, quello dell’autore personaggio, ovvero il narratore esterno della prosa classica. A sognare, quindi, non sono solo i personaggi e gli spettatori/lettori della sua storia, ma anche l’autore mentre immagina come essa potrà essere vista e sentita dal pubblico, nonchè attualizzata su di un palco con le sue luci e ombre”.
L’orrore dell’Olocausto non è che è stato, ma che può ancora essere. Sta a noi trovare ogni giorno parole perché non sia.
Una stazione è il luogo della rappresentazione, luogo simbolo del passaggio dalla vita alla morte; un bambino è l’emblema della fuga dalla morte per la vita mentre le valigie sono custodi delle storie, conchiglie alle quali il bel personaggio di Angelo – il fattorino – accosta il suo orecchio per ascoltare. “La valigia dei destini incrociati” è un lavoro prezioso, perché parla a tutti anche ai ragazzi, senza lasciar loro la sensazione che tutto questo non li riguardi, semplicemente perché non c’erano.
“Sembra che Alessandro Izzi voglia mettere in scena un altro personaggio cui tiene molto, il suo, quello dell’autore personaggio, ovvero il narratore esterno della prosa classica. A sognare, quindi, non sono solo i personaggi e gli spettatori/lettori della sua storia, ma anche l’autore mentre immagina come essa potrà essere vista e sentita dal pubblico, nonchè attualizzata su di un palco con le sue luci e ombre”
La valigia dei destini incrociati, il cui titolo evoca, non a caso, il teorico romanzo combinatorio di Italo Calvino, è anche una densa opera aperta, capace di parlare tanto ai bambini quanto agli adulti, in virtù della sapiente misura con cui l’autore dissemina nel testo le sue visioni, le sue letture, gli ascolti, un immaginario ricco e fertile tanto della Storia italiana quanto della cultura ebraica, che offre, nella brevità del contesto, numerosi spunti da approfondire. E un mirevole incitamento – che immaginiamo venga all’autore dalla pratica dell’insegnamento – all’utilizzo giusto delle parole, all’ampliamento di un vocabolario che finisce per essere l’unica “possibilità di capire il mondo che ci circonda”.
(Fabiana Proietti su Sentieri Selvaggi)
INDICE
Prefazione di Maurizio Stammati
Introduzione di Alessandro Izzi
La valigia dei destini incrociati
Note in ordine sparso
In questa notte senza luna
Note in ordine sparso II
Postfazione di Ambra Simeone
Ringraziamenti
Sipario
Ed ecco dunque l’atto unico La valigia dei destini incrociati, ambientata nella stazione di un piccolo paese nell’estate del 1943, poco prima dell’arresto di Mussolini il 25 luglio di quell’anno. Ed ecco In questa notte senza luna, definita dal drammaturgo Ballattetta fantastica per voce sola ed ombre, con un solo protagonista, il narratore. In entrambi i casi, naturalmente, protagonista è anche una valigia, da cui emergono burattini ad impersonare allievi e maestri e a conferire un tocco di coralità e lievità al racconto.
Myriam Mantegazza
Close-up
Come raccontare il dramma dell’Olocausto con poesia e originalità? “La valigia dei destini incrociati” è un tuffo nelle viscere del nostro passato e del nostro presente.
Giammario Di Risio
Mosaico (Leggi QUI la recensione sul sito ufficiale della Comunità ebraica di Milano)
Un testo scritto per il teatro che sembra adattarsi perfettamente anche ad una lettura come semplice racconto, oppure come rievocazione storica ma con un linguaggio semplice e al tempo stesso diretto e quasi poetico, che non nasconde ma -anzi rafforza ancora di più- l’assurda atrocità di quelli anni ancora oggi inspiegabili.
Roberto Zadick
Tra Virgolette
Lo spettacolo – rievocando un topos consolidato come quello del treno – riesce nell’intento didattico, perché comunica messaggi complessi con parole semplici e con immagini forti, insistendo molto sul rapporto tra le idee e le parole stesse.
Martina Micillo
La Finestra sulla scena
Ecco, allora, che dalla scena, il fumo e la nebbia dei tempi che furono arriva fino agli spettatori, a diramare ombre e strappare lacrime di commozione, dolore, impegno. David è sceso dal treno. Ebbene: ancora oggi si trova tra noi.
Sandra Cervone
Freevillage
La parte fantastica è opportunamente affidata alle ombre e alle loro voci:
– il piccolo David, sporco senza averne colpa, affamato e inseguito dalla paura di essere avviato ai campi di sterminio è il simbolo autentico che riassume in sé lo stato d’animo e la condizione di tutti i bambini appartenenti a famiglie ebraiche:
– il cattivo ufficiale della ss è l’orco delle vecchie favole, e la kapò, la rappresentazione orrenda delle streghe.
– Il treno che con le sue luci squarcia le tenebre della notte e imbarca un carico di ombre ricorda il viaggio disumano degli ebrei nei vagoni piombati.
Gennaro Aceto
Forumnews
Il personaggio che a mio avviso è più significativo è David: un bambino che si manifesta in scena come ombra, suono, un ebreo di poco più di dieci anni che non parla ma che fa parlare di sé, che fa riflettere non solo gli altri personaggi ma il suo pubblico, perché dietro i suoi silenzi si nascondono parole indicibili per la bocca di un bambino.
Alessandra Di Nucci
Sentieri Selvaggi
Un piccolo racconto morale che sfiora la purezza narrativa di Gianni Rodari
Fabiana Proietti
Close-up
Leggere questa pièce è come respirare finalmente aria pura: liberi dalle innovazioni forzate e dalla sterilità di molte avanguardie contemporanee, ci troviamo di fronte ad un testo ricco di inventiva sia narrativa che stilistica.
Monia Manzo
esc@rgot
Quel che è veramente forte è la percezione della paura. L’autore lavora, attraverso il meccanismo dell’immedesimazione, profondissimo nel pubblico infantile, su un tema decisivo per la peculiarità psicologica degli spettatori bambini: la paura di essere scoperti, pur senza terrorizzarli.